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Marracash tra innovativo e aemulatio: il king del rap torna sulla scena

È finita la pace, il nuovo album di Marracash si pone come ultimo pezzo del puzzle del trittico iniziato con Persona del 2019 e  interrompe l’attesa dall’uscita di Noi, loro, gli altri del 2021: il suo settimo disco è un vero e proprio manifesto generazionale. Questo disco, già in alto nelle classifiche dei brani più ascoltati delle ultime settimane, riflette i pensieri e le preoccupazioni della società in questi veloci, inquieti tempi moderni. Il mondo di questo disco è rappresentato da fragili e volatili bolle, sia individuali che collettive, che si scontrano, si scoppiano, ma si contaminano l’un l’altra e a volte tendono ad isolarsi. Le 13 tracce non prevedono featuring, ma sono intensi monologhi del rapper che si confronta con sé stesso e con gli altri, analizzando con lucidità e profondità le varie tematiche che ci presenta, attraverso un viaggio introspettivo, che è anche un’esplorazione del mondo esterno, un tentativo di dare un senso a un’epoca che sembra sfuggire di mano anche ai più attenti tra gli osservatori. 

Tra le caratteristiche che più si amano di Marracash c’è indubbiamente la sua abile capacità di riprendere canzoni, leitmotiv e brani della cultura musicale, teatrale e cinematografica riproponendoli all’interno dei propri brani in un continuo dialogo tra innovazione e contaminazione: anche questa volta non ci ha deluso.

La traccia che da anche titolo all’album è sintomo di una febbre che ha colpito tutti indistintamente, in cui tutti coloro che l’ascoltano si sentono meno soli nella propria costretta prigionia. Riprende  Firenze (Canzone Triste)  del 1980 di Ivan Graziani, e crea un contrasto affascinante tra passato e presente, sottolineando la fragilità dell’epoca contemporanea. Alienazione, solitudine, disagio e isolamento: questi i temi che accompagnano un sound caldo, armonioso, ma anche malinconico.

Le tracce sono introspettive da un punto di vista tematico, ma anche a livello musicale poiché vengono esplorate diverse basi, e vi è una contaminazione di diversi generi che fanno ancor di pià spiccare i testi del rapper. Gli sbandati hanno perso Happy End sono i tre brani che più ammiccano alla scena pop del momento, mentre Penthotal, Soli e Vittima sono i brani più cupi e riflessivi. D’altro canto, troviamo brani più legati alla old school come Crash o veri e propri sprint di rabbia ed energia come Power Slap. Detox ci trasporta in maniera ossimorica attraverso una vibe più leggera e malinconica in un mondo di tristi riflessioni.

Il disco oltre che essere un’analisi condivisa è anche molto personale, Marracash come sempre si pone vero e fragile davanti la lente distorta della realtà, e con una nuova e profonda consapevolezza della propria persona ci parla dei propri demoni e delle proprie insicurezze. Il rapper ci parla della complessità di conoscere a fondo se stessi e gli altri, e di quanto sia complesso trovare il giusto equilibrio tra il nostro passato e il futuro, senza dimenticarsi di chi si è nel tempo presente.

Anche Soli, brano che riflette sull’amore, sulla natura dell’uomo e dei rapporti tra gli esseri umani, sempre più soli in un mondo interconnesso, riprende il celebre Soli dei Pooh del 1990 : entrambi i brani esplorano il tema della solitudine, ma lo fanno da prospettive diverse. I Pooh parlano di una solitudine esistenziale, mentre Marracash sembra più concentrato sulla solitudine nell’era dei social media, dove la connessione virtuale non sempre corrisponde a una vera relazione. Marracash continua attraverso questi brani a creare ponti o meglio bolle generazionali, che ci mostrano quanto alcuni problemi sono comuni a tutti da sempre, e che può esserci sempre un contatto anche tra chi ci appare lontano. 

Mi sono innamorato di un AI invece presenta un particolare connubio tra due diversi generi musicali, l’indie e il rap, e tra due diversi mondi musicali apparentemente lontani. Il campionamento di Lunedi dei Bluem del 2021 permette a Marracash di creare un’atmosfera malinconica e introspettiva, che viene spezzata all’improvviso da un rap crudo e diretto, a sua volta interrotto da un ritornello avvolgente e rilassato. Il brano immagina un futuro in cui può nascere un amore tra un essere umano e un’intelligenza artificiale. Marracash solleva interrogativi sull’identità, sull’umanità e sul significato delle relazioni in un mondo pervaso dalla tecnologia. La solitudine e la ricerca di un senso, sono universali e risuonano come un eco frastornante in tutte le generazioni.

Vittima ci trasporta in un’altra dimensione riprendendo Un bel dì vedremo di Puccini nell’opera teatrale Madama Butterfly, dove questo campionamento non è solo un omaggio all’opera lirica italiana, ma diventa la base fondamentale per costruire il messaggio del brano. L’aria di Puccini, con la sua melodia drammatica, romantica e sognante, rappresenta un passato idealizzato, un’epoca in cui si poteva solo sognare un futuro migliore. Il testo di Marracash è invece crudo e diretto, parla del presente, di un mondo segnato da sofferenza e disillusione. Inoltre, i protagonisti del brano sono appunto vittime consapevoli della propria situazione, al contrario di Madame Butterfly, personaggio passivo che ha potuto solo accettare il proprio destino. Il ponte tra passato e presente qui è ancora più forte poiché si pone tra quella che era considerata la cultura alta del periodo e quella che invece è nata come cultura bassa, dalla strada.

Arte, musica, solitudine, rabbia, dipendenza, amore, tristezza e connessioni: in questo si caratterizza È finita la pace, un album che parla anche di politica, economia, società, ma che soprattutto parla delle persone, di ciò che siamo in relazione a noi stessi e agli altri. Certamente ci sono alcuni brani all’interno di quest’album che non sono stati particolarmente apprezzati, come anche la riproposta di tematiche già presenti nei dischi precedenti: ma i lati negativi si perdono, lasciando poche tracce dietro di essi. La maestria nella miscellanea di generi e temi, e l’abile utilizzo delle parole rendono questo album un perfetto ponte tra passato, presente e futuro; la contaminatio tra l’innovazione e l’emulazione rendono Marracash uno tra i più importanti rapper della scena italiana, un vero king del rap.

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