A quando un Tour degli Young Fathers? Massaquoi, nato in Liberia, approda a Edimburgo come bambino rifugiato, in fuga dalla guerra civile della sua nazione dell’Africa occidentale. Bankole (figlio di migranti Nigeriani) e Hastings, sono entrambi nati nella capitale della Scozia. Tutti e tre non hanno alcun interesse a essere identificati con la casualità della loro nazionalità. Partiti come entità separate diventano subito un trio, incontrandosi sul dancefloor di un locale Hip Hop a 14 anni. Da quel momento, tra un mic da karaoke e l’arrangiamento di un home made studio a casa di Hastings, hanno iniziato a fare musica . Il resto è storia, sono nati gli Young Fathers, prendendosi la scena passo dopo passo dal 2008 a colpi di mixtape, album e collaborazioni.

Dopo il debutto con Dead, uscito nel 2014, gli Young Fathers, inizialmente Three – Style, hanno attratto la critica musicale. Inimicandosi le persone giuste e iniziando a creare una fan base più avanguardista, hanno subito dimostrato quanto fosse innovativo il matrimonio poliamoroso tra il sound del Punk, dell’Hip Hop e delle roots Africane. Giudicati strani e incomprensibili dal giorno zero, sono rimasti dritti sulla linea, fino a quando gruppi storici come i Massive Attack li hanno invitati a creare insieme e a supportarli in Tour. L’unione di questa collaborazione ha portato alla luce il singolo Voodoo In My Blood di cui il video vede protagonista Rosamund Pike, per gli amanti del cinema nota al grande pubblico per il film di Orgoglio e pregiudizio dall’omonimo romanzo di Jane Austen e per Gone Girl di David Fincher. L’ennesimo pezzo epico, l’ennesima sberla in faccia agli scettici.

NME Magazine descrive i primi Young Fathers come una versione Hypster dei De la Soul e dei 3T. A noi non piace definirli così, di Hypster non c’è proprio niente. Questa è una band Liberiana/Nigeriana/Scozzese di Hip Hop Psichedelico Elettronico (come le piace autodefinirsi), che non ha nulla a che vedere con il conformismo e con il Pop o il classico R&B. C’è di sicuro un’ educazione Rap in tutto questo, ma il sano disturbo che creano ha più a che vedere con la soundtrack che hanno scritto per Trainspotting 2, Only God Know, di cui parlano dicendo:
“Erano solo vibrazioni del momento, è stata la prima cosa che ci è venuta in mente quando abbiamo registrato la canzone. Ci è sembrata giusta e ci siamo buttati. Non c’era un programma premeditato, era solo ‘ecco come mi sento in questo momento, andiamo, cazzo.”

Anche per il loro terzo album Cocoa Sugar, gran parte delle loro registrazioni è stata fatta in studio. Il seminterrato un tempo era un bordello, nella zona di Leith a Edimburgo. A loro piace così, tutto in una stanza a portata di mano, senza distaccarsi mai dal setting crudo e puro degli inizi. La loro rabbia atipica è tinta di politica senza vergogna e ha davvero pochi eguali in circolazione. Gli Young Fathers sono rivoluzionari e radicali e lo fanno rifiutano di rilasciare interviste ai giornali di cui non hanno stima o indignando la Gran Bretagna, con il video Man Up girato tra le sale della Scottish National Portrait Gallery. In questo corto capolavoro, Kayus Bankole prende a pugni i ritratti dei ricchi bianchi, delle classi dominanti del passato. La voce è di Tim Brinkhurst, ex manager e direttore creativo del trio, che ha coprodotto e girato il film sfidando i preconcetti sulla mascolinità e su cosa significhi essere un uomo.
Avvicinandoci ad oggi, e a quello che ci aspettiamo se gli Young Father tornano in Tour, dopo i vari Mercury Prize vinti, i contrasti creati e i live selvaggi che hanno regalato negli ultimi anni, non possiamo non citare i loro ultimo album Heavy Heavy, targato label Ninja Tune. Il gruppo si è anche preso un periodo di tempo l’uno lontano dall’altro come nelle migliori relazioni, dopo 10 anni di registrazioni e lavoro non stop. Come ricorda Hastings:
“Non abbiamo mai capito veramente il concetto di tempo libero. Devi riconoscere quando stai facendo qualcosa che ami e di cui sei ossessionato, hai questa necessità di farlo, ma a volte devi tracciare una linea nella sabbia”.
Il rischio di burn out è alto anche quando stai cavalcando l’onda della tua passione. Quel periodo di pausa ha aiutato più della musica, e con pezzi come I Saw sono tornati più intensi di prima, in un’esplosione visiva di corpi che si agitano. Il climax raffigura un cerchio di danzatori trafitti da un fuoco ardente, qualcosa di viscerale, intriso di tribalismo. Questo accade quando il ritorno alla vita quotidiana, spesso considerata “banale” da ognuno/a di noi, non è poi così vuota perchè connette al presente. Gli Young Fathers ora hanno voglia di suonare ancora più di prima, perchè sono vivi e perchè noi, non vediamo l’ora del nuovo Tour e di sapere le date. L’Europa e il mondo intero hanno bisogno di gruppi così forti per andare avanti.
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