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 Jazz, hip-hop e flauti magici: il nuovo disco di Shabaka Hutchings è la porta per un mondo lontano e meraviglioso

Assistere a un concerto di Shabaka Hutchings è letteralmente “un trip“- un viaggio fisico, metafisico, e sicuramente potrà confermarvelo chi ha avuto la fortuna di assistervi. L’artista britannico ha infatti fatto tappa anche in Italia lo scorso novembre, con due date a Torino e a Roma. Dopo essere rimasta folgorata dalla sua musica, lo scorso 6 dicembre è finalmente uscito anche il nuovo Ep dell’artista, difficile da riassumere in poche parole per la poliedricità dei suoi suoni. Ma se proprio dovessi classificarlo in qualche modo, prenderei a prestito una definizione letteraria: quella di realismo magico.

Con Possession, Shabaka Hutchings continua a ridefinire i confini del jazz contemporaneo. L’EP, pubblicato dall’etichetta Impulse! Records, rappresenta un allontanamento dai suoi progetti più ritmici e intensi, come quelli con Sons of Kemet e The Comet Is Coming, per abbracciare un’atmosfera più meditativa e intima. E in effetti era proprio questo il mood del concerto al Monk di Roma, al quale ho recentemente assistito: uno spazio tempo in cui la musica dei fiati di Shabaka ti racchiude e ti assorbe completamente.

Il fulcro dell’EP è il flauto e il clarinetto, strumenti che Hutchings utilizza per creare paesaggi sonori eterei, accompagnati da un tessuto musicale che intreccia jazz ambient, influenze hip-hop e sfumature new age. In Possession l’artista ci lascia affacciare, con estrema delicatezza, su una sorta di metariflessione sulla connessione umana e sulla dimensione spirituale all’interno del mondo occidentale, senza ipocrisie da spiritualismo new wave, rimanendo profondamente interconnesso alla realtà circostante.

Shabaka Hutchings. Fonte: All About Jazz

L’EP si apre con Timepieces, una collaborazione con il rapper Billy Woods. Le liriche profonde e lo stile narrativo di Woods si sposano perfettamente con l’ipnotico riff di pianoforte e le linee morbide del clarinetto, dando vita a un brano carico di tensione emotiva e malinconia. Segue I’ve Been Listening, dove la presenza del rapper americano ELUCID introduce un contrasto tra momenti vocali riflessivi e una produzione musicale stratificata. Hutchings, con maestria, riesce a equilibrare elementi vocali e strumentali, conferendo al brano una qualità quasi cinematografica.

Il centro nevralgico dell’EP è senza dubbio To the Moon, in collaborazione con André 3000. La sinergia tra i flauti e il panorama sonoro, arricchito da vibrafono e texture elettroniche, trasporta l’ascoltatore in un viaggio onirico che arriva fino a Cycles of Growth, dove Hutchings esplora la dimensione vocale in modo diverso, grazie al contributo di Esperanza Spalding che con la sua voce eterea conferisce al brano un’atmosfera quasi meditativa che invita alla contemplazione.

A chiudere il progetto troviamo Reaching Back Towards Eternity, in cui il pianoforte minimal di Nduduzo Makhathini e il clarinetto di Hutchings chiudono l’EP con una nota di intimità e malinconia, uno slancio verso l’eterno, come suggerisce il titolo del pezzo stesso.

La copertina dell’ultimo Ep di Shabaka, Possession

Con Possession Shabaka Hutchings dimostra ancora una volta la sua capacità di reinventarsi e sperimentare, maneggiando suoni e strumenti con profonda consapevolezza e, soprattutto, con l’anima. Con un linguaggio musicale profondamente evocativo, questo EP non è solo un’opera jazz contemporanea straordinaria, ma un invito a riflettere sul tempo, lo spazio e la (fragile) connessione umana della nostra epoca, invitandoci a non dimenticare che c’è una dimensione altra, alta, nobile, verso cui la bellezza e sicuramente la musica di questo grande artista ci può trasportare.

Timepieces, dall’EP Possession

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