10 gennaio 2024. A otto anni esatti dalla scomparsa del Duca Bianco, è doveroso ricordare l’uomo considerato uno dei musicisti più influenti della musica contemporanea.
Dai successi globali come Life on Mars?, Space Oddity, Let’s dance, Starman e Heroes, ai brani meno noti al grande pubblico come Holy Holy, pubblicato come 45 giri, Stay, brano dal ritmo soul utilizzato anche nella colonna sonora del film Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino del 1981, The Man Who Sold The World, riportata in auge da band come i Nirvana, Slow Burn, canzone esibita pochissime volte dal vivo.
Il camaleontico e affascinante Bowie fu anticipatore di tendenze stilistiche e di correnti di pensiero, rendendo se stesso essenza artistica in nome della creatività, utilizzando abiti da donna, trucchi e capigliature femminili prima che diventassero di moda. Maschile e femminile in Bowie era un binomio superato prima che se parlasse, come mostra l’immagine androgina di Ziggy Stardust, con la quale Bowie distrusse le convenzioni di genere. Ziggy andava contro le norme sociali ed era ispirato dal periodo trascorso da Bowie a New York, quando frequentava Andy Warhol e la cultura newyorkese. Ogni personaggio inventato dall’artista dopo la morte di Ziggy, (Aladdin Sane, Halloween Jack, il Duca Bianco) rese unico il rapporto che l’artista aveva con se stesso, con il pubblico e con la sua musica.
Negli anni ’60 un giovanissimo David fu uno dei principali fondatori a Londra della “Society for the Prevention of Cruelty to Long-Haired Men” (Società per la prevenzione della crudeltà verso gli uomini dai capelli lunghi), un’organizzazione volta a protestare contro le discriminazioni che lui e altri uomini con i capelli lunghi ricevevano per le strade. La sua filosofia del “long hair don’t care” era un grido per scardinare le convenzioni sociali e gli stereotipi comuni in Inghilterra negli anni ’60.
Negli anni ’70, e poi con la suprema affermazione negli anni ’80, Bowie è diventato il vero e proprio inventore della sessualità fluida e libera: dai tacchi alti esibititi in concerti e indossati nella vita quotidiana, dai make-up trasgressivi e non curanti delle critiche, dai provocatori abiti lunghi, alle camicie in raso e alle gonne femminili.
In un’epoca in cui l’omosessualità era ancora per lo più un tabù, Bowie dichiarò di essere gay e in seguito dichiarò di essere bisessuale. Un vero e proprio artista avanguardista, libero, audace, teatrale nei gesti e nei toni, precursore di stili e di idee.
David reinventandosi costantemente, non aveva paura di sperimentare: il suo stile cambiava di continuo, così come i generi della sua musica. Dai primi brani che abbracciavano il folk, all’esplosione del glam rock e del pop, per passare poi al rock puro e a qualche cenno di elettronica, Bowie si è cimentato in differenti avventure e ha lasciato un’eredità musicale illimitata.
Sono infatti di questi giorni le notizie della prima strada al mondo dedicata all’uomo dagli occhi ipnotici, Rue David Bowie, presso il 13esimo Arrondissement a Parigi, e l’uscita il prossimo 20 aprile del nuovo album dello showman, Waiting In The Sky (Before The Starman Came To Earth), risalente all’era di Ziggy Stardust, che sarà una raccolta di registrazioni dei Trident Studios del 1971.
Nell’anniversario della scomparsa ricordiamo quindi Bowie dai mille volti, stili e generi musicali, il quale ha fatto un grande lascito all’intera umanità: ci ha insegnato ad essere unici, a combattere per le nostre singolarità che sono sempre straordinarietà e a non uniformarci alla massa.